Un amico terribilmente affranto-deluso-incazzato mi ha spedito questo articolo apparso su La Padania di oggi...ve lo riporto...
Sheva molla il Milan x amore. Dei soldi.
Non ci sono più gli uomini di una volta. Quelli che avevano due palle così, mica si accontentavano di un Pallone d’oro. Insomma, uomini veri. Non certo Andrij Shevchenko che per non dire “no” agli 11 milioni di euro netti all’anno a lui offerti da Abramovich ha finto di dover dire “sì” alla bella moglie Kristen.
Patetico. E, quel che è peggio, è che l’ha messa proprio sul patetico. Sul disperato andante. Faccia da funerale Sheva, faccione da lutto Galliani. Tutti e due insieme in via Turati per sancire la fine di una matrimonio e iniziarne un altro. Il Milan probabilmente con Adriano, Sheva con il Chelsea che è l’Inter dell’Inghilterra (nel senso che spende e spande in modo indecente) ma almeno lo scudetto lo vince. Fuori dalla sede i tifosi facevano a pugni con l’ennesima bandiera da ammainare. E dentro lui, seduto a un tavolo con lo sguardo perso, le valigie quasi pronte e il portafoglio che sorrideva, piangeva al mondo la sua verità: «Ho deciso per il bene della mia famiglia. Io non parlo inglese, mia moglie non parla ucraino, la lingua che abbiamo in comune in questo momento è l'italiano, ma l'unico modo per poter far capire ai nostri figli l'amore che abbiamo per loro è la lingua l'inglese». Do you understand, povero pirlotto di un tifoso? Ha deciso Kristen e il bimbetto Jordan, neppure due anni. Da ieri è lui il più giovane procuratore mondiale. Ha battuto persino uno scafato come Galliani. Che alza le braccia e spiega: «È la vittoria della lingua inglese sulla lingua italiana. Ho provato a convincerlo a rimanere fino a un minuto prima di venire in conferenza. È la separazione più dolorosa da quando sono al Milan». Quasi quasi piangevano entrambi ricordando quel rapporto perfetto (del resto, si sa, la crisi è al settimo anno) suggellato da 172 reti quasi 173, «perché io ci metto - ha spiegato Galliani - anche quella della semifinale a Barcellona, quel gol valido annullato che non mi va giù dal gargarozzo...». Mettici quello che vuoi, la verità è che Sheva molla un Milan che dalla notte di Istanbul (25 maggio 2005, finale di Champions “regalata” al Liverpool) non ha più rimediato un fico secco. Tante illusioni e altrettante delusioni. Lo ShevaMilan non è più riuscito a vincere e a 30 anni non si può più perdere tempo prezioso. E adesso ci viene a raccontare che è una questione di lingua. Deve imparare l’inglese e deve a farlo apprendere in fretta a Jordan, il suo procuratore. Come se Milano fosse Trepalle, una manciata di abitanti e il gelo quasi perenne. Sì, insomma, come se nel capoluogo lombardo non fosse possibile iscriversi a una buona British School e poi magari andare a perfezionarsi con un corso estivo a Londra. Questo è il calcio della riconoscenza. Quello che nell’estate 1999 ti preleva per la cifra record di 26 milioni di dollari dalla Dinamo Kiev e ti porta al Milan, sotto le ali protettrici del presidente Berlusconi. Che, tra l’altro, è stato anche padrino di battesimo di Jordan, oltre che uno di famiglia. E, adesso? Adesso basta. Tutto finito. E siccome il mondo del calcio è fatto di furbi e di polli, l’ex milanista ci racconta: «È una decisione importante per la mia vita. Trovare una società come il Milan è impossibile.» E dall’altra parte Galliani rimarca: «Ovviamente il Chelsea non può pensare di avere facilmente uno degli attaccanti più famosi del mondo. Il Milan non avrebbe mai ceduto Sheva». Ma intanto è successo. Perché? «Adesso è troppo difficile parlare - stramazza Sheva-. Forse più avanti farò una conferenza stampa». Naturalmente prima deve imparare l’inglese.
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PAOLA PELLAI